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Il vero costo dell'oro, tra impatto ambientale e diritti umani

  • Immagine del redattore: Alessandra
    Alessandra
  • 22 apr
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 30 apr

Dai gioielli alla tecnologia: l’oro è ovunque. Ma il suo valore nasconde un lato oscuro fatto di sfruttamento, inquinamento e gravi danni ambientali.

Si dice che l’oro sia piovuto sulla Terra dopo la collisione di due stelle di neutroni, circa 3,9 miliardi di anni fa. Una nascita spettacolare, degna della fama che avrebbe poi acquisito. Lucente, resistente, inalterabile: l’oro ha attraversato millenni di storia senza mai perdere valore o fascino. Ancora oggi continua ad essere un bene fondamentale, presente in numerosi aspetti del nostro quotidiano, dai gioielli ai circuiti elettronici e persino nei cosmetici. Ma dietro al suo splendore si nasconde un lato molto più opaco: quello legato al suo costo reale – umano, ambientale, sociale.


Dal Perù dei Chavin all’Egitto dei faraoni, l’oro ha avuto un ruolo centrale nella creazione di miti e rituali, ma anche nell’economia e nella guerra. È stato il primo metallo a essere forgiato, probabilmente ancor prima del rame. I greci lo associavano al passaggio tra la vita contadina e quella urbana, mentre per gli egizi era la "carne degli dei". E quando il re Creso di Lidia impresse il suo sigillo su una moneta d’oro tra il 643 e il 630 a.C., inventò – di fatto – il concetto di denaro così come lo conosciamo.


Ancora oggi, l’oro è considerato il bene rifugio per eccellenza. Quando i mercati tremano, l’oro risplende. È la cosiddetta "legge di Summers": più l'economia reale scricchiola, più cresce la domanda di oro. Non sorprende che durante crisi economiche, pandemie e tensioni geopolitiche, il valore dell’oro salga puntualmente. È interessante notare come prima dello scossone pandemico, il mercato dell'oro avesse raggiunto un picco storico, toccando le 3.652 tonnellate di oro estratte nel solo anno 2019. Già nel 2021, si era però tornati a cifre di estrazione intorno alle 3.560,7 tonnellate, a conferma della sua grande capacità di ripresa e stabilità nei mercati globali. Oggi si stima che siano oltre 190.000 le tonnellate complessive estratte nella storia. Per quanto possa sembrare una quantità enorme, se provassimo a compattarlo in un cubo, sarebbe poco più grande di un condominio.


Dal 1880 fino a buona parte del Novecento, il Sudafrica è stato il principale produttore d’oro al mondo, toccando il picco nel 1970 con 1.000 tonnellate estratte in un solo anno. Oggi la Cina guida la classifica, seguita da Australia, Russia, Stati Uniti e Canada. A livello aziendale, sono giganti come Newmont, Barrick Gold, AngloGold Ashanti e Kinross a spartirsi il grosso della produzione globale.


I gioielli rappresentano ancora oggi circa il 75% del consumo mondiale. Ma l’oro è anche essenziale nella tecnologia – pensiamo a computer, telefoni, satelliti – nella medicina, nella cosmetica e persino nella cucina di lusso. Le banche centrali, infine, detengono il 17% delle riserve mondiali sotto forma di lingotti, come garanzia monetaria. Il problema? Stiamo parlando di una fra le industrie più distruttive del pianeta. Ma per capirne davvero l'impatto, serve entrare un po' nel tecnico.


L’industria aurifera si divide principalmente in due grandi categorie:


  • Large Scale Gold Mining (LSGM): estrazione industriale su larga scala. Rappresenta l’80% della produzione mondiale. Richiede enormi investimenti, macchinari pesanti e lunghi iter autorizzativi. In teoria, è sottoposta a standard ambientali e sociali più rigidi.

  • Artisanal and Small-Scale Gold Mining (ASGM): estrazione artigianale e su piccola scala, spesso informale o illegale. Impiega circa 15 milioni di persone in 81 paesi, soprattutto in via di sviluppo. Produce “solo” il 20-25% dell’oro mondiale, ma a un costo umano elevatissimo.


Oggi, l’estrazione industriale copre circa l’80% della produzione mondiale e avviene in grandi miniere meccanizzate, spesso a cielo aperto. Serve scavare e macinare centinaia di tonnellate di roccia per ottenere una singola oncia d’oro (circa 31 grammi). Insomma, per produrre due fedi nuziali, bisogna scavare un'intera montagna. Letteralmente.

Nel processo, viene impiegata una soluzione a base di cianuro per separare l’oro dalle altre sostanze: una tecnica chiamata lisciviazione, ancora oggi ampiamente utilizzata, ma dall'impatto devastante sull'ecosistema.


L’altra faccia della medaglia è rappresentata dall’estrazione artigianale. Coinvolge 10-15 milioni di persone in 81 paesi, e produce il 20-25% dell’oro mondiale. È un’attività informale, spesso illegale, in cui lavorano anche bambini. In Brasile, questi lavoratori prendono il nome di garimpeiros: questi cercatori d'oro vivono principalmente lungo i fiumi Madeira e Sikini, su palafitte in modo da non dover mai realmente interrompere il lavoro. Molti di loro sono nati in queste strutture galleggianti, costretti fin dall’infanzia a prendere parte ai lavori di ricerca e raffinazione dell’oro, senza la reale opportunità di sfuggire a quello che, di fatto, rappresenta quasi un sistema di casta. D’altronde per queste popolazioni, la ricerca dell’oro rappresenta l’unica fonte di sostentamento, svolto prevalentemente nell’illegalità e con totale assenza di misure di sicurezza. Non è raro, infatti, che le immersioni svolte in zone particolarmente pericolose e profonde del fiume, si concludano tragicamente.


Garimpeiros al lavoro (estrazione artigianale): Garimpeiros intenti a cercare oro lungo un fiume amazzonico, simbolo del duro lavoro e delle condizioni precarie dell’estrazione artigianale.

La miscela estrattiva viene poi trattata con mercurio, che velocizza la separazione del metallo prezioso dagli scarti. Il mercurio viene largamente impiegato anche per estrazione da drenaggio, una metodologia diffusa soprattutto in Indonesia. Secondo l’UN Environmental Project, nel 2018 oltre 10 milioni di persone risultavano esposte agli effetti del mercurio: danni neurologici, epatici, tiroidei, cardiaci e riproduttivi.


Il mercurio viene spesso bruciato in fornaci e discariche, rilasciando nell’aria particelle tossiche che tornano al suolo sotto forma di piogge acide. Questo metallo, oltre ad essere tossico per gli esseri viventi, ha l’effetto di rallentare l’attività microbiologica dei suoli, rendendoli improduttivi. Contaminando le acque e i terreni circostanti, esso finisce poi con il depositarsi, anche in quantità importanti, in organismi più grandi come tonni, merluzzi, pesci spada, etc. Secondo i dati dell’UN Environmental Project ogni anno vengono impiegate circa 100 tonnellate di mercurio nelle miniere aurifere. Inoltre, l’UN Industrial Development Organization ha stimato che un terzo di tutto il mercurio rilasciato dall’uomo nell’ambiente proviene dall’estrazione artigianale dell’oro.


Miniera a cielo aperto in Madre de Dios, Perù: Miniera d'oro a cielo aperto nella regione di Madre de Dios, in Perù, esempio dell’impatto devastante dell'industria aurifera su biodiversità, fiumi, suoli e comunità locali, con violazioni dei diritti umani e distruzione di terre ancestrali.

Le attività estrattive, attraverso i processi di fusione di metalli o l’impiego di mezzi pesanti, causano anche il rilascio di tonnellate di anidride carbonica nell’aria: per estrarre 1 kg di oro, si generano infatti 12 tonnellate di CO₂. Inoltre, la ricerca di nuovi siti estrattivi porta all’abbattimento di vaste aree boschive, spesso illegalmente. In Brasile, ad esempio, l’estrazione dell’oro porta alla deforestazione annua di aree grandi quanto 14000 campi da calcio. E se il costo per il bioma è altissimo - tra consumo di acqua e suolo, inquinamento da mercurio o cianuro, cambiamento climatico e avvelenamento della fauna - per l’essere umano le cose non vanno certo meglio. L’estrazione dell’oro è spesso legata a fenomeni di violazione dei diritti umani come pessime condizioni lavorative, lavoro minorile, sfruttamento, schiavitù, tratta di esseri umani, prostituzione fino all’espulsione delle popolazioni indigene dalle loro terre per la realizzazione di nuovi siti.


Nonostante tutto, la domanda di oro non accenna a rallentare. La crescita di settori cruciali, come quello di tecnologia ed elettronica, sommato alla globale instabilità economica, contribuiscono anzi a mantenerla alta. Ma le riserve si stanno esaurendo: alcune stime parlano di appena 20 anni prima del definitivo esaurimento delle miniere attive.


Inoltre, l’oro “facilmente estraibile” è diventato sempre più raro e, per soddisfare la massiccia domanda di questo metallo, l’attività estrattiva è stata implementata al punto di estrarre anche in siti difficoltosi, con un rapporto oro-roccia sbilanciatissimo. Questo significa che il quantitativo di roccia da lavorare per ottenere una grammatura di oro soddisfacente diventa sempre più grande, così come crescono i danni ambientali ed umani legati all’attività estrattiva.


Insomma, un oro sporco che continua a sporcarsi.  Forse è arrivato il momento di chiederci: qual è il vero prezzo dell’oro? E chi lo paga davvero?

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